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Claudia Malfer

Garanzia preventiva di non estradizione: il Consiglio di Stato apre alla tutela anticipata

Updated: Apr 12, 2023

Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza n. 10309 del 23 novembre 2022

Si segnala una recente, molto interessante, sentenza del Consiglio di Stato in materia di estradizione, concernente la possibilità di ottenere una garanzia preventiva di non estradizione da parte dell’autorità ministeriale (Cons. Stato, Sez. II, 23 novembre 2022, n. 10309).


La vicenda prende le mosse da un’istanza presentata da un cittadino francese al Ministero della Giustizia italiano volta ad ottenere il rilascio di un’esplicita garanzia di non estradizione negli Stati Uniti, ai sensi degli artt. 697 e 698 c.p.p., per l’eventualità che una richiesta in tal senso venisse formulata dalle competenti autorità statunitensi.


Il ricorrente era sottoposto, da oltre quarant’anni, ad un procedimento penale instaurato nel 1977 dallo Stato della California per il delitto di atti sessuali con una minorenne, e ciò nonostante la sussistenza di un accordo (plea bargain) per effetto del quale egli aveva scontato integralmente la pena inflittagli presso l’istituto penitenziario californiano di Chino. Pur avendo scontato integralmente la pena, le autorità degli U.S.A. avevano richiesto all’Interpol l’emissione di una Red Notice nei confronti dell’uomo – effettivamente registrata con il n. 2005/47995 – tale, come noto, da legittimare l’individuazione e l’arresto provvisorio di un soggetto ricercato a fini estradizionali.


Prospettando l’ingiusta lesione del suo diritto, quale cittadino UE, alla libera circolazione nell’ambito degli Stati membri dell’Unione europea, il ricorrente decideva di formulare domanda preventiva di tutela, paventando il rischio di incorrere in misure restrittive della sua libertà personale in caso di ingresso nel territorio italiano.


La garanzia di non estradizione, già accordata al ricorrente in Francia, Polonia e Svizzera, non è però automaticamente riconosciuta negli altri Stati dell’UE (come d’altronde non lo sono neppure le sentenze che rigettano l’estradizione), anche in considerazione del fatto che le autorità statunitensi si erano sempre rifiutate di considerare concluso il procedimento penale. Pertanto, stante il rischio di essere immediatamente arrestato in caso di ingresso in Italia, il ricorrente aveva chiesto al Ministero della Giustizia una formale garanzia di non estradizione.


In assenza di un riscontro da parte del Ministero della Giustizia, l’uomo presentava allora ricorso al TAR del Lazio ai fini dell’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione interpellata, adducendo a fondamento la violazione di molteplici disposizioni, fra cui l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantisce il diritto ad un ricorso effettivo, e l’art. 22 della direttiva 2004/38/CE, che consente la limitazione della libertà di circolazione e soggiorno di un cittadino europeo esclusivamente per “motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica”, non ravvisabili nel caso di specie. In subordine, il ricorrente formulava domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in relazione alla compatibilità con il diritto eurounitario della normativa nazionale in materia di estradizione.


Con sentenza n. 5797 del 10 maggio 2022, il TAR dichiarava inammissibile il ricorso per “l’insussistenza di un obbligo di provvedere in capo al Ministero della Giustizia in via preventiva, in funzione della mera eventualità della presentazione di una domanda di estradizione ovvero di una richiesta di arresto provvisorio”, considerando che, nel caso di specie, “non risultava, allo stato, presentata alcuna domanda di estradizione, né alcuna richiesta di arresto provvisorio a scopo di estradizione, da parte degli Stati Uniti d’America nei confronti del ricorrente”, il quale manteneva – naturalmente in astratto – piena libertà di movimento sul territorio dell’Unione europea.


Il ricorrente presentava appello avverso tale pronuncia, su cui si pronunciava il Consiglio di Stato con sentenza n. 10309 del 23 novembre 2022.


Pur confermando la declaratoria di inammissibilità resa in primo grado, il Consiglio di Stato ha motivato diversamente il giudizio di inammissibilità, ed è proprio in questa diversa motivazione che risiede il tratto rilevante della pronuncia.


Segnatamente, i giudici di Palazzo Spada hanno dichiarato il ricorso inammissibile solo in ragione della “mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti degli Stati Uniti d’America che, nella qualità di soggetto controinteressato, si sarebbero dovuti evocare in giudizio”, in tal modo lasciando intendere – se non implicitamente prospettando – la possibile sussistenza di un interesse meritevole di tutela, ovviamente in presenza dei relativi presupposti di fatto e di diritto.


Invero, pur non avallando la conclusione tranchant cui era pervenuto il Giudice di primo grado in ordine all’impossibilità giuridica di ottenere una esplicita garanzia di non estradizione al di fuori della (e a prescindere dalla) tradizionale cornice del giudizio estradizionale, il Consiglio di Stato ha ritenuto preminente “l’esigenza dello Stato estero di potersi difendere nel giudizio, proposto al fine di produrre effetti restrittivi rispetto alla richiesta dello stesso Stato estero”. In particolare, “[l]o stesso meccanismo anticipato di tutela posto a fondamento della pretesa azionata in giudizio non può, dunque, che replicare il rapporto processuale che, in parallelo, si delinea con l’attivazione della ordinaria procedura di estradizione c.d, passiva, delineata negli artt. 696 ss. del codice di procedura penale”.


In tal modo il Consiglio di Stato ha lasciato aperta la porta a una diversa considerazione dell’interesse a una tutela “anticipata”, così come prospettata dal ricorrente, anche in assenza di una attuale richiesta di estradizione, purché il contraddittorio venga correttamente integrato tra le parti.

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