top of page

Estinzione della pena ed ingiusta detenzione: un caso di estradizione dall'Albania all'Italia

Walter De Agostino

Updated: Jun 9, 2022


L’esecuzione delle pene detentive è gestita dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura della Repubblica presso il Tribunale ovvero da quello della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello. La competenza varia, secondo i criteri di cui all’art. 665 c.p.p., in relazione al giudice che ha deliberato il provvedimento da eseguire.


Quando la sentenza di condanna diventa irrevocabile, e previa verifica dell’eseguibilità della pena, l’ufficio competente emette l’ordine di esecuzione per la carcerazione ex art 656 c.p.p. con decreto di sospensione per trenta giorni al fine di permettere il deposito di istanze per la concessione di misure alternative alla detenzione. Ciò si verifica nel caso del condannato libero con pena da eseguire inferiore a quattro anni di reclusione, ancorché residua, ed in assenza di reati ostativi. Negli altri casi l’ordine di esecuzione per la carcerazione ha efficacia immediata.


In caso di irreperibilità del condannato sul territorio dello Stato Italiano le ricerche possono essere diramate in campo internazionale per arresto a fini estradizionali oppure può essere emesso un mandato di arresto europeo con inserimento del nominativo del soggetto da ricercare nel sistema SIS.


Nelle more l’Ufficio Esecuzione ha il compito ex art. 655 c.p.p. di vigilare continuamente sulla eseguibilità dell’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali, potendo sopraggiungere in qualsiasi momento una causa di estinzione del reato dopo la condanna ovvero di estinzione della pena. In questi casi il Pubblico Ministero, d’ufficio, chiede al Giudice dell’Esecuzione di accertare la causa estintiva e di emettere la relativa declaratoria.


Spesso, purtroppo, ciò non accade.


Nel caso che si vuole illustrare un cittadino albanese in data 23 ottobre 2019 è stato arrestato in Albania a fini estradizionali. Si trattava dell’esecuzione di un ordine per la carcerazione di anni quindici mesi cinque giorni diciassette di reclusione emesso nell’aprile 1998 in relazione a diversi reati unificati dal vincolo della continuazione a seguito di sentenza divenuta irrevocabile in data 12 gennaio 1998. La pena più grave inflitta in sentenza era di anni dieci mesi sei di reclusione aumentata più volte ex art. 81 cpv c.p. fino alla pena complessiva di anni sedici di reclusione, dalla quale era poi stato detratto il presofferto espiato in custodia cautelare, pari a mesi sei giorni tredici di reclusione. L’Ufficio Esecuzioni Penali interessato non aveva prestato attenzione al fatto che sin dal 12 gennaio 2019 tutte le pene inflitte in sentenza (da valutarsi singolarmente) si erano ormai prescritte ex art. 172 c.p., essendo ormai decorso più del doppio del tempo necessario per la loro estinzione poiché l’esecuzione della condanna, relativa a soggetto non recidivo, non era mai iniziata.


In data 28 ottobre 2019 è stato perciò necessario presentare un incidente di esecuzione ex art. 676 c.p.p. al fine di ottenere la declaratoria di estinzione della pena per decorso del tempo ed il Giudice dell’Esecuzione, resosi conto dell’estrema urgenza nonché della delicatezza della vicenda, già in data 30 ottobre 2019 emetteva ordinanza di accoglimento della richiesta difensiva, evidenziando che in data 3 febbraio 2012 era già stata emessa ordinanza di estinzione delle pene relative alle condanne inflitte per i reati satellite avvinti dal vincolo della continuazione.


Tale ultima precisazione fa emergere la circostanza che, in ambito internazionale, l’originaria richiesta di arresto non era mai stata modificata. Per tali motivi lo stesso giorno l’Ufficio Esecuzione revocava immediatamente l’ordine di esecuzione per la carcerazione inviando tale atto anche all’Ufficio Estradizioni della Procura Generale della Repubblica al fine di farlo trasmettere alle Autorità Albanesi.


Purtroppo ciò non è bastato per la liberazione del cittadino albanese, nonostante l’Interpol Italiana avesse inviato sin dal 31 ottobre 2019 al collaterale organo albanese il documento già tradotto. Le lungaggini burocratiche hanno determinato il ritardo di un ulteriore settimana prima che il predetto potesse uscire dal carcere, evento verificatosi soltanto in data 7 novembre 2019.


Appare dunque evidente l’ingiustizia della detenzione subita dal prevenuto, arrestato a causa di un ordine di esecuzione per la carcerazione che doveva essere revocato ormai da circa dieci mesi, situazione resa più gravosa a causa del ritardo con cui è stato liberato nonostante il titolo detentivo fosse venuto meno.


Il prossimo passo sarà dunque la presentazione dell’istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione ex art. 314 c.p.p. in quanto è stato violato il diritto del condannato a non essere privato della libertà personale per intervenuta estinzione della pena riconosciuta da una specifica norma di legge (Corte di Cassazione, Sezione 4 Penale, Sentenza 12 novembre 2015 n. 45247).

Commenti


bottom of page