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  • Redazione

BOLLETTINO (luglio-agosto 2022)

Updated: Oct 4, 2022

Le massime più rilevanti in materia di estradizione e mandato di arresto europeo (luglio-agosto 2022)



Pericolo di trattamenti inumani e degradanti


Con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha provveduto a censurare l’operato della Corte di Appello di Perugia nella parte in cui – con riferimento al rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti nelle carceri della Romania – ha omesso di acquisire informazioni in relazione al trattamento detentivo che sarebbe stato riservato all'estradando. Con l’occasione, la Cassazione è tornata sulle modifiche introdotte alla disciplina del mandato d’arresto europeo con il d.lgs. n. 10 del 2 febbraio 2021. Benché, come noto, il suddetto decreto legislativo abbia espunto il pericolo di trattamenti inumani o degradanti dalla lista dei motivi di rifiuto obbligatorio della consegna ( che, invece, era in precedenza espressamente previsto dall'art. 18, lett. h), della l. n. 69 del 2005), la Cassazione ha ribadito come “in virtù della clausola generale contenuta nel novellato art. 2 legge n. 69 del 2005” – volta a sancire l’impossibilità di dare esecuzione ad un MAE che comporterebbe la violazione di diritti inalienabili e fondamentali – “sussist[a] una continuità normativa tra l’abrogato art. 18, lett. h), legge n. 69 del 2005 ed il novellato art. 2 della medesima legge”.


Stato richiedente: Romania

Esito: annullamento con rinvio


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Detenzione e art. 3 CEDU


La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sugli elementi la cui valutazione è necessaria al fine di verificare che la persona richiesta non rischi di subire, in virtù delle condizioni detentive cui verrebbe assoggettata presso lo Stato richiedente (in questo caso la Grecia), trattamenti inumani o degradanti in violazione dell’art. 3 CEDU. Segnatamente, oltre a ribadire che – nella valutazione dello spazio minimo individuale pari a metri quadrati tre – “si [debba] avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella e, pertanto, [vadano] detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello”, la Suprema Corte ha confermato – in continuità con l’arresto n. 6551 del 24.7.2020 delle Sezioni Unite – come “i c.d. i fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell'art. 3 della CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, mentre, nel caso di disponibilità di uno spazio individuale compreso fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattori compensativi concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni complessive di detenzione”.


Stato richiedente: Grecia

Esito: annullamento con rinvio


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Radicamento sul territorio nazionale


La Corte di Cassazione è tornata nuovamente a pronunciarsi sulle modifiche apportate dal d.lgs. n. 10 del 2 febbraio 2021, questa volta con riferimento alla eventuale differente rilevanza ostativa del c.d. stabile radicamento sul territorio nazionale a seconda che si tratti di MAE esecutivo o processuale. Difatti, la Corte d’appello di Lecce aveva affermato come il suddetto radicamento rilevasse solo con riferimento alle ipotesi di MAE esecutivo, con conseguente irrilevanza nei casi di MAE processuale. Non condividendo tale statuizione, la Corte di Cassazione ha tratteggiato come l’art. 18-bis, co. 2, della l. 69/2005 – concernente il c.d. stabile radicamento in tema di MAE esecutivo – debba essere letto in connessione con il successivo art. 19 della medesima legge che “regolamenta la garanzia del rientro in Italia richiesta allo Stato membro di emissione nel caso di cittadini italiani o di cittadini di altri Stati membri UE residenti nel nostro paese, quando il m.a.e. è stato emesso (…) «ai fini di un’azione penale»”. Da ciò, secondo i giudici di legittimità, si evince che “nell'introdurre una disciplina del tutto speculare, quanto ai presupposti soggettivi, a quella inserita nell'art. 18-bis, comma 2, con riguardo all'ipotesi di m.a.e. esecutivo, il legislatore si [sia] orientato in senso simmetrico anche per il mandato di arresto c.d. processuale”.


Stato richiedente: Francia

Esito: annullamento con rinvio


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Indipendenza del potere giudiziario


Con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha avuto modo di confermare la sua posizione sull'eventuale carattere ostativo alla consegna rivestito dal difetto di indipendenza del potere giudiziario, nel caso di specie quello polacco. A tal fine, i giudici di legittimità hanno richiamato alcune pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (cause C-216/18 e C-562/21) con le quali si è provveduto ad affermare come “fin tanto che l’attuazione del meccanismo del [MAE] non sia sospesa, ai sensi dell’art. 7, par. 2, T.U.E, nei confronti dello Stato membro che abbia in modo grave e persistente violato i principi fondamentali sanciti dall'art. 2 T.U.E. (…), la possibilità del rifiuto della consegna va riconosciuta soltanto ‘in circostanze eccezionali’ (…)”. Segnatamente, in senso conforme al costante orientamento della Suprema Corte in tema di rischio di violazione dell’art. 3 CEDU, al fine di ottenere il rifiuto della consegna l’estradando dovrà fornire all'autorità giudiziaria italiana prova della sussistenza di “motivi seri (…) per ritenere che la persona oggetto di tale [MAE] corra, a seguito della sua consegna all'autorità giudiziaria emittente, un rischio reale di violazione dei diritti fondamentali”, con la conseguente assenza di valore di una situazione di deficit strutturale in materia di rispetto dei diritti fondamentali nello Stato richiedente.


Stato richiedente: Polonia

Esito: rigetto del ricorso


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Limiti massimi alla carcerazione preventiva


In questo caso la Corte di Cassazione ha provveduto a dichiarare manifestamente infondata la questione, sollevata dall'estradando, concernente la “mancata indicazione del limite massimo di durata della misura cautelare posta a fondamento del mandato di arresto europeo”. Difatti, sottolinea la Suprema Corte, con il d.lgs. n. 10/2021 si è provveduto ad abrogare la lett. e) dell’art. 18, l. 69/2005, la quale prevedeva il rifiuto obbligatorio della consegna della persona richiesta qualora l’ordinamento dello Stato richiedente non prevedesse limiti massimi alla carcerazione preventiva. Pertanto, secondo i giudici di legittimità, “[l]a questione (…) non è più suscettibile di essere dedotta, neppure riconducendola nell'alveo del novellato art. 2, L. 22 aprile 2005, n. 69, contenente una clausola di riserva per cui la consegna può essere rifiutata in tutti i casi in cui l’esecuzione del mandato comporterebbe una violazione dei principi posti a tutela dei diritti fondamentali, aventi rango costituzionale o previsti dalla CEDU”. Ad ogni modo, la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione infondata nel merito affermando come sia stato “da tempo riconosciuto che il codice di procedura penale francese prevede una serie di limiti massimi alla detenzione provvisoria (…), né il ricorrente ha dedotto elementi concreti idonei a superare tale affermazione”.


Stato richiedente: Francia

Esito: rigetto del ricorso


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Procedimento in Italia per i medesimi reati oggetto del MAE


Con tale sentenza la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui requisiti necessari al fine di rendere operativo il motivo di rifiuto facoltativo della consegna – sancito dall'art. 18-bis, co. 1, lett. b), l. 69/2005 – relativo alla pendenza in Italia di un procedimento penale avente ad oggetto i medesimi reati posti alla base del MAE. Ebbene, la Suprema Corte – nel ribadire come il suddetto motivo di rifiuto facoltativo sussista “solo quando risulti ‘già pendente’ un procedimento penale per il fatto oggetto del [MAE]” – ha affermato come “la sussistenza dell’elemento ostativo alla consegna [vada] valutata al momento in cui la richiesta è stata ricevuta dall'autorità nazionale”, con la conseguenza che solo in questo caso “potrà essere privilegiata l’attività svolta dagli organi nazionali” a nulla rilevando, dunque, l'eventuale autodenuncia presentata dall'estradando dopo aver avuto contezza del MAE.


Stato richiedente: Germania

Esito: rigetto del ricorso

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