Poco prima della chiusura estiva dei lavori parlamentari (poi durata meno del previsto stante la crisi di governo), il Parlamento ha autorizzato la ratifica e dato esecuzione a una pluralità di accordi multilaterali e bilaterali in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria in materia penale che attendevano da tempo di essere recepiti nell’ordinamento italiano.
Anzitutto, con legge n. 91 del 24 luglio 2019, è stata autorizzata la ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione con la Repubblica del Kenya sottoscritto a Milano l’8 settembre 2015. L’accordo sostituisce la risalente Convenzione di estradizione dei malfattori italo-britannica del 5 febbraio 1873, la cui applicazione era stata estesa nei rapporti italo-kenioti a seguito dell’indipendenza del Kenya con scambio di note del 22 settembre-8 dicembre 1967.
Con legge n. 90 del 24 luglio 2019, invece, è stata autorizzata la ratifica e l’esecuzione del trattato di estradizione con la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana il 22 gennaio 2015. Si tratta del primo accordo bilaterale di estradizione con il paese asiatico.
I summenzionati trattati sono molto simili nei contenuti, sia pur con qualche leggera differenza nei presupposti applicativi (ad esempio, la consegna da/per il Kenya è consentita anche per “dar corso ad un procedimento penale”) e ratione temporis (ad esempio, le richieste di estradizione da/per il Kenya potranno basarsi anche su reati che siano stati commessi prima dell’entrata in vigore del trattato).
Risulta senz’altro degno di nota l’accordo aggiuntivo con la Repubblica di Serbia inteso a facilitare l'applicazione della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, fatto a Belgrado il 9 febbraio 2017, la cui ratifica ed esecuzione sono state autorizzate con legge n. 87 del 24 luglio 2019.
Le disposizioni contenute nell’accordo ricalcano, in larga misura, quelle omologhe previste negli accordi aggiuntivi con Albania, Macedonia, Montenegro e Bosnia in tema di estradizione.
Le ipotesi contemplate dall’accordo riguardano perlopiù l’estradizione processuale per reati di criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio e altri gravi reati, rispetto ai quali le parti si impegnano a consegnarsi i propri cittadini.
In linea di principio, infatti, la Serbia, al pari di altri paesi sorti dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia, non estrada i propri cittadini (art. 16 della legge n. 20 del 2009). L’accordo appena concluso ha come obiettivo proprio quello di superare questo ostacolo nei rapporti bilaterali con l’Italia, contenendo una puntuale disciplina della materia dell’estradizione dei cittadini e del transito degli stessi sul territorio per le ipotesi in cui un cittadino consegnato da uno Stato terzo ad uno dei due Stati contraenti debba transitare sul territorio degli stessi.
Comentarios