Corte di Giustizia dell’UE, C‑158/21, sentenza del 31 gennaio 2023.
Un nuovo importante tassello nella saga degli indipendentisti catalani.
Con sentenza del 31 gennaio 2023, nel caso C-158/21 (Puig Gordi e altri), la Corte di Giustizia ha affermato che il difetto di competenza del giudice emittente a conoscere del reato per cui si procede (e, dunque, ad emettere il mandato di arresto europeo) non costituisce, in linea di principio, un motivo ostativo alla consegna.
Vicenda e domande pregiudiziali
La Corte di Giustizia era stata chiamata a pronunciarsi sul rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale supremo spagnolo nel noto caso che coinvolge gli indipendentisti catalani Puigdemont Casamajó, Comín Oliveres, Puig Gordi e Ponsatí Obiols. I quattro, che hanno trovato rifugio in Belgio, sono destinatari di un mandato d’arresto europeo (MAE) emesso nell’autunno 2019 dal Tribunale supremo spagnolo nell’ambito del procedimento instaurato nei loro confronti per i reati di ribellione, sedizione e malversazione in connessione con il referendum sull’indipendenza della Catalogna celebrato nell’ottobre 2017.
Il procedimento sull’esecuzione del MAE è stato sospeso dalle autorità belghe nei confronti di Puigdemont, Comín e Ponsatí Obiols a seguito della loro elezione al Parlamento europeo (analogo provvedimento di sospensione è stato adottato dalla Corte d’appello di Sassari nel parallelo procedimento di consegna a carico di Puigdemont), mentre è proseguito nei confronti di Puig Gordi.
Con ordinanza del 7 agosto 2020, la Corte di primo grado di Bruxelles ha rifiutato la consegna di Puig in ragione della presunta incompetenza del Tribunale Supremo spagnolo a conoscere dei reati ascrittigli. Il giudice belga ha ritenuto di potersi pronunciare sulla questione del difetto di competenza alla luce tanto dell’art. 6 della Decisione Quadro 2002/584 (che definisce la nozione di “autorità giudiziaria emittente”) quanto della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Claes e altri c. Belgio del 2 giugno 2005 (che ha sancito la violazione del diritto ad un tribunale precostituito per legge, garantito dall’art. 6 § 1 CEDU, nel caso di condanna penale emessa da un giudice incompetente), nonché dei Rapporti del Working Group on Arbitrary Detention delle Nazioni Unite aventi ad oggetto la posizione di altri indipendentisti catalani sotto processo (rapporti del 10 luglio 2019 e del 13 giugno 2019).
Il diniego della consegna è stato confermato dalla Corte d’appello di Bruxelles con sentenza del 7 gennaio 2021.
In disaccordo con le determinazioni a cui è pervenuta la magistratura belga, il Tribunale supremo spagnolo ha formulato un rinvio pregiudiziale alla Corte del Lussemburgo, chiedendole se le autorità di uno Stato membro possano respingere un MAE per motivi ostativi non contemplati dalla Decisione Quadro 2002/584. Più specificamente, il Tribunale supremo ha dubitato del potere delle autorità belghe di sindacare la propria competenza in base alla legislazione penale spagnola e, soprattutto, della possibilità di porre un eventuale difetto di competenza a fondamento del rigetto del MAE. Inoltre, il giudice spagnolo ha chiesto lumi alla Corte di Giustizia in ordine alle condizioni in presenza delle quali è consentito negare la consegna per asserite violazioni dei diritti fondamentali e se tale diniego può fondarsi su un rapporto del Gruppo sulle Detenzioni Arbitrarie delle Nazioni Unite.
Decisione
La sentenza qui in commento nel caso Puig Gordi et al. aggiunge un altro importante tassello alla saga dell’indipendenza della Catalogna. In breve, la Corte di Lussemburgo ha affermato che, in linea di principio, l’autorità giudiziaria richiesta non può rifiutarsi di eseguire un mandato di arresto europeo in ragione del difetto di competenza del giudice dello Stato membro emittente.
Anzitutto, la Corte ha ribadito che i motivi ostativi all’esecuzione di un MAE, come delineati dalla Decisione Quadro 2002/584, hanno natura tendenzialmente tassativa ed esaustiva, non essendo dunque consentito rifiutare la consegna per motivi ulteriori, salvo che non venga accertato il rischio di violazione dei diritti fondamentali (para. 72, con rinvio a sentenza del 15 ottobre 2019, Dorobantu, C-128/18, para. 83, e sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Tribunal established by law in the issuing Member State), C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, para. 46; per una breve disamina della pronuncia si rinvia qui).
I principi di mutuo riconoscimento e fiducia reciproca impongono le medesime conclusioni anche con riguardo al profilo della competenza dell'autorità emittente. L'autorità giudiziaria richiesta potrà rifiutare l’esecuzione del MAE per difetto di competenza del giudice chiamato a processare la persona ricercata, ma solo ove: (a) sussistano carenze sistemiche nello Stato membro emittente in relazione alla tutela del diritto ad un equo processo e (b) il difetto di competenza dell’organo giudicante sia “manifesto” (para. 119).
Peraltro, l’esistenza di rimedi giurisdizionali a disposizione della persona richiesta per contestare il difetto di competenza dell’organo giudicante non può di per sé scongiurare il diniego della consegna (para. 120).
Si tratta, a ben vedere, del medesimo test a due fasi elaborato in Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU) in relazione alle condizioni di detenzione e poi esteso ad altre possibili ipotesi di violazioni dei diritti fondamentali nello Stato emittente (Openbaar Ministerie, cit. – il test è stato applicato, di recente, alle carenze sistemiche dell'indipendenza del potere giudiziario in Polonia).
La Corte di Giustizia si è poi soffermata sul tema dell’onere probatorio, chiarendo che eventuali rapporti del Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie delle Nazioni Unite che non riguardano specificamente la persona ricercata non possono da soli giustificare il rifiuto della consegna, ma possono senz’altro essere presi in considerazioni per accertare l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel sistema giudiziario dello Stato emittente (para. 126).
Coerentemente, i giudici del Lussemburgo hanno inoltre ritenuto che l’obbligo di leale cooperazione impedisca ad uno Stato membro di negare la consegna per esistenza di un presunto rischio di violazione dei diritti fondamentali senza aver prima richiesto chiarimenti allo Stato emittente (para. 136).
La Corte di Giustizia ha chiarito che, in linea di principio, l’autorità emittente può emettere un nuovo mandato d’arresto europeo nei confronti della persona ricercata dopo che l’esecuzione di un precedente MAE sia stata rifiutata. Tuttavia, vi deve essere stato un “mutamento delle circostanze” che avevano determinato il precedente diniego e il nuovo mandato deve risultare “proporzionato” (para. 146).
L’impatto della decisione sul caso degli indipendentisti catalani
Quali, allora, le ricadute sul caso concreto della sentenza del giudice di Lussemburgo?
Entrambe le parti hanno cantato vittoria, a testimonianza di come il prudente approccio della Corte di Giustizia si presti effettivamente a plurime letture. La verità è che bisogna aspettare la prossima (prevedibile) mossa da parte delle autorità spagnole per valutare la reale incidenza di questa sentenza sul caso degli indipendentisti.
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