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  • Giulia Borgna

L'assenso alla consegna successiva spetta esclusivamente all'autorità giurisdizionale, non al PM

Updated: Jun 9, 2022


Con sentenza n. 9582 del 5 marzo 2020, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione dell’autorità competente a provvedere sull’assenso alla successiva richiesta di consegna verso un altro Stato membro.


Il tema è quantomai attuale di questi tempi in cui l’individuazione delle autorità competenti in merito ai vari adempimenti connessi al corretto funzionamento del sistema del mandato di arresto europeo è all’ordine del giorno della Corte di Giustizia dell’Unione europea (ne abbiamo già scritto qui).


Nel caso deciso dai giudici di legittimità, la Corte d’appello di Roma aveva disposto l’esecuzione di un MAE processuale emesso dall’autorità giudiziaria tedesca nei confronti di un cittadino italiano in relazione ad un procedimento penale per taluni episodi di furto e frode informatica. Il soggetto era stato consegnato all’Italia dalle autorità dei Paesi Bassi in forza di vari mandati di arresto europeo a fini esecutivi emessi da varie autorità italiane, sicché si rendeva necessario acquisire l’assenso alla riestradizione ai sensi dell’art. 25, co. 1, della legge n. 69/2009 e del corrispondente art. 28, par. 1, della Decisione Quadro 2002/584/GAI.


Sennonché, nella specie, l’assenso era stato prestato dal “Public Prosecutor”, e non dalla medesima Corte olandese che nel 2017 aveva accolto sei richieste di consegna dall’Italia, rigettandone tuttavia altre dodici.


La Suprema Corte ha chiarito che, sebbene tale prerogativa non sia di competenza esclusiva della medesima autorità giudiziaria che ha già deliberato sull’esecuzione del precedente mandato di arresto europeo, l’assenso alla consegna deve necessariamente pervenire da un’autorità giudiziaria.


Stante l’assenza di qualsivoglia indagine sul punto da parte della Corte d’appello, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata al fine di accertare – anche attraverso gli strumenti di informazione integrativa – quale sia nell’ordinamento olandese l’organo giudiziario competente ad esprimere l’assenso sulla riestradizione.


A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: cosa si intende per “autorità giudiziaria” ai sensi della Decisione Quadro 2002/584/GAI?


Come noto, la Corte di Giustizia ha fornito un’interpretazione ampia di questa nozione, chiarendo che essa “non si limita a designare i soli giudici o organi giurisdizionali di uno Stato membro, ma deve intendersi riferita, più in generale, alle autorità che partecipano all’amministrazione della giustizia penale di tale Stato membro, a differenza, in particolare, dei ministeri o dei servizi di polizia, che fanno parte del potere esecutivo” (Corte di Giustizia dell’Unione europea, cause riunite C‑508/18 e C‑82/19 PPU, sentenza del 27 maggio 2019, § 50).


In linea di principio, dunque, anche un ufficio di procura potrebbe essere ricompreso nella nozione di “autorità giudiziaria”.


Tutto risolto? Niente affatto.


Se anche l’ordinamento olandese attribuisse all’Ufficio di Procura la competenza a decidere sull’assenso alla riestradizione, occorrerà accertare se esso rispetta i canoni fissati dalla Corte del Lussemburgo per poter essere qualificato alla stregua di una “autorità giudiziaria”. Non si tratta soltanto di verificare se quell’ordinamento contempli la possibilità di impugnarne le relative decisioni (come giustamente sottolinea la Cassazione), ma soprattutto di indagare se esso presenti adeguate garanzie strutturali di indipendenza.


La Corte di Giustizia si è già espressa – con esiti differenti – in merito ai procuratori di numerosi paesi europei (Belgio, Francia, Svezia, Germania, Austria e Lituania), ma mai sul “Public Prosecutor” olandese.

La questione, però, è già pendente dinanzi alla Corte del Lussemburgo su rinvio pregiudiziale da parte della Corte d’appello di Bruxelles (caso C-510/19), la quale si interroga se sia compatibile con il diritto dell’Unione europea un sistema – come quello olandese – in cui la decisione sulla consegna suppletiva viene adottata dal “Public Prosecutor”, anziché dall’autorità giudiziaria competente a decidere sull’esecuzione del MAE.


Benché la rimessione concerna un istituto diverso (la consegna suppletiva ai sensi dell’art. 27 della Decisione Quadro 2002/584), è indubbio che la pronuncia della Corte di Giustizia avrà ricadute anche sul meccanismo dell’assenso alla successiva consegna, con cui condivide nell’ordinamento olandese la medesima autorità competente.


Ad ogni modo, indipendentemente da quale sarà l’esito dell’indagine sulle specificità dell’ordinamento olandese, a nostro avviso, nella peculiare ipotesi dell’assenso sulla riestradizione, il concetto di “autorità giudiziaria” dovrebbe essere interpretato restrittivamente nel senso di ricomprendervi esclusivamente l’autorità giurisdizionale.

A favore di questa interpretazione sembra deporre la stessa disciplina europea. Benché l’art. 28, par. 3, della Decisione Quadro 2002/584 contempli una presunzione di assenso alla successiva consegna, tale disposizione prevede che l’assenso possa essere negato ogniqualvolta non risultino rispettati i requisiti di cui ai parr. 3 e 4 (i.e. i consueti motivi ostativi alla consegna, oltre a specifici requisiti formali). È dunque previsto un vaglio sulla richiesta di assenso che, giocoforza, non può che essere riservato ad un’autorità giurisdizionale, con conseguente esclusione di ogni residuo potere in capo all’organo inquirente.


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